Attrice, autrice e regista teatrale, scrittrice e giornalista.

Umanita’ a numero chiuso

Anna Maria Bruni

“Mentre si continua a parlare di universalismo, si applica al genere umano il numero chiuso. Poiché nessuno può – senza reato – spogliare il suo simile, asservirlo o ucciderlo, si pone a principio che chi non ce l’ha fatta è un fallito. Derelitto magari, malato, se non quasi sicuramente un criminale”.

“Che sia un migrante o un cittadino residente, si tratta solo di una graduatoria con la quale misurare la violenza: dalle armi, alla “giustizia”, al trattamento psichiatrico obbligatorio. Ma serve solo a dividere. E a normalizzare, uccidendo la libertà di ciascun essere umano, la sua originalità. Un vero potenziale esplosivo”.

“Allora, tutto un esercito di tecnici scende in campo per supportare la “giustizia”: sorveglianti, medici, cappellani, psichiatri, psicologi, educatori. Per applicare la legge ad un soggetto giuridico detentore, tra gli altri, del diritto di esistere. Ma quando non basta è la polizia, a finire l’opera”.

A meno che non sia utile al mercato. Allora quel che è stato definito “anormale” diventa prezioso, perché la sua originalità, la sua espressività, il suo slancio diventano merce che trasforma la potenza umana nella potenza del mercato.

“Umanità a numero chiuso” è la voce dei segregati, dei clochard, dei reclusi, dei migranti, dei “matti”, è la voce della fragilità umana, ed è la voce libertaria che smaschera i “cosiddetti sani”, la “normalità”  alienata, attraverso la forza dello slancio e dell’originalità liberata.

Ma è anche la voce di Sartre, di Focault, di Vian, Prevert, Marilyn e dei tanti artisti, intellettuali, poeti, scrittori che attraverso il proprio originale talento non hanno mai smesso di denunciare la sopraffazione dell’uomo sull’uomo, abbattendo il muro della “normalità”.

Esattamente quel che i “Letizia drums”, pazienti, operatori, tirocinanti del centro di riabilitazione psichiatrica di Villa Letizia hanno saputo fare, dando vita al gruppo e anima al progetto del musicista percussionista Mauro d’Alessandro. Riconoscersi diversi, e farne la molla dell’azione. Ed è così che chiudiamo, insieme, lo spettacolo.

Che si terrà nei locali del Padiglione 31, quella che è stata la lavanderia del manicomio provinciale fin dal 1904, e ben oltre l’approvazione della Legge Basaglia. A cento anni dall’apertura dell’ospedale psichiatrico, per festeggiare la chiusura di tutti i manicomi, ricordare il dramma che sono stati per tanti, e continuare ad impedirne la reinvenzione sotto altre spoglie.

Venerdi 30 maggio 2014 h 21 –
Sala Teatro Ex Lavanderia, Padiglione 31 S. Maria della Pietà, Piazza S. Maria della Pietà 5

 

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