Attrice, autrice e regista teatrale, scrittrice e giornalista.

Marilyn, Frida e le altre

Marilyn_Frida
Anna Maria Bruni

Dopo il successo dei due spettacoli alla Centrale Montemartini, una riflessione sui cliché che ancora oscurano menti, e ciò che è nuova linfa per lo sviluppo di questo percorso, sul filo della liberazione delle donne, dell’espressione di sé, e un’occasione per tutti.

 

 

Tante storie per una storia che si ripete

Dopo Marilyn, Frida, e poi ancora. Tante donne per dire l’universo donna, per la sua liberazione, per nuove domande, per sovvertire una cultura soffocante.

E fino a qui, quante similitudini tra Marilyn e Frida, a cominciare dalla relazione più amata e sofferta, e forse solo diverse soluzioni che si sono date, strade che hanno intrapreso, dettate anche dall’ambiente circostante. La rivoluzione messicana, una ventata di ‘68 per Frida con i suoi Cachuchas, il gruppo di compagni d’Accademia con i quali la ribellione trova adepti, e poi la sessualità vissuta liberamente tanto quanto la possibilità di affermarsi autonomamente. E una famiglia solida alle spalle, un padre capace di spalleggiarla nel suo essere “un diavolo”, di incitarla a fare.

Marilyn al contrario cresciuta fra tante famiglie affidatarie appese alla necessità del sostegno dei sussidi, più spesso mortificata che sostenuta dal puritanesimo imperante fino a negare lo stupro, con la voglia di affermarsi autonomamente continuamente ostacolata dalle Major con l’obiettivo del facile intrattenimento, utile insieme ai Media a sostenere un governo impegnato nella guerra fredda, scelta strategica per avviare l’era liberista post-bellica.

 

I cliché come puntelli del consueto

E di nuovo oggi, dopo aver conosciuto la libertà della scoperta, della sorpresa, della domanda, della conoscenza, della libertà, scopro come tornino a replicarsi i cliché: quale attrattiva sia Como si fueras fuego, perché “Frida è Frida”, naturalmente per fortuna, ma purtroppo anche quanto si dia per scontato Marilyn’blues perché “Marilyn… si sa…”. Un atteggiamento che mi fa porre una domanda, che non riguarda solo le donne, ma anche il consueto e la voglia di tornare a sorprendersi. E quindi anche verso le donne.

 

La domanda è: perché c’è bisogno di trovare in scena delle conferme a quello che si pensa, che puntelli il già noto, piuttosto che cercare qualcosa che lo metta in discussione, o che aggiunga, che ponga nuove domande, innescando la necessità di approfondire, di scoprire?

 

Diamoci l’opportunità della scoperta

E’ una domanda capitale, che apre una seria riflessione su quanto ci siamo abituati a essere passivi, a lasciarci propinare visioni – dalla televisione prima di tutto, che ormai ci tiene in ostaggio con tutti i suoi on demandestinguendo il desiderio di uscire, incontrarsi, condividere con altri – al teatro e al cinema, propinandoci programmi che ci danno sicurezza perché confermano ciò che già conosciamo, impedendo alla creatività di trovare spazi e rompere schemi, sempre più impossibilitata a realizzarsi per mancanza di fondi, strutture, spazi, promozione e distribuzione, fino al rischio, anch’essa, di estinzione.

 

E con l’estinguersi del desiderio creativo e dell’apertura all’altro, le donne tornano ad essere inquadrate e pretese dentro i modelli noti e, se escono dagli schemi, punite. Mai ignorare la relazione fra le cose.

 

Marilyn avanguardia del sorprendente

Ecco perché Marilyn’blues è uno spettacolo a cui tengo particolarmente: perché è controcorrente e sorprendente. E continuerò a metterlo in scena fin quando non avrò convinto molti più di quanti ho già convinto finora. Ne sono certa perché è esattamente questo il commento e l’apprezzamento che più si ripete dopo lo spettacolo. Uno per tutti, proprio dopo l’ultima messa in scena alla Centrale Montemartini, nell’ambito dell’Estate Romana dell’aperossa di AAMOD, da uno studioso e collaboratore dell’Archivio: “compagna Marilyn!”– mi ha detto con gli occhi illuminati e un sorriso radioso. Una sintesi perfetta, vista da qui, e con la nostra storia.

Quello spettacolo è cominciato come un “1° studio” perché ho altro da dire e voglio poterlo dire anche con altri; nel frattempo ho realizzato Como si fueras fuego perché anche Frida mi esce dalla pancia e dal cuore; continuerò con un’altra donna (ancora non vi svelo chi, perciò stay tuned!) perché l’evoluzione di questi monologhi sarà il prisma che racconta l’universo donna in un unico spettacolo.

Ciononostante continuerò a riproporli separatamente, e insisterò con Marilyn’blues fino a che non avrò sbaragliato il cliché che la circonda. E’ il suo e il mio riscatto, e perciò, sono certa, una liberazione per tutti.

Un critica del Marilyn’blues su artapartofculture.net

Una precedente intervista su libera.tv

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