" Scrivere bene significa pensare bene
e di qui ci vuole poco per arrivare
ad agire bene"

thomas mann

UNA QUESTIONE DI CLASSE/7. RdC no, SIISL sì. Meglio una partita di giro

I soldi si fanno con i soldi. E’ storia vecchia, e altrettanto lo è l’invenzione dei corsi di formazione lavoro per ottenere, in questo caso, il reddito di inclusione dopo essere stati privati del reddito di cittadinanza.

Ma si sa che la storia non si ripete mai uguale, e quando sembra che lo faccia in realtà è molto peggio. Quando la crisi del 2008-2009 fece tracollare definitivamente il lavoro, i tanti che andarono in cig che non venivano da aziende private ma da cooperative o associazioni – ed io fra questi – si trovarono a dover seguire obbligatoriamente corsi di formazione per ottenere di ricevere il compenso dovuto, secondo l’accordo dei diversi enti in crisi con le Regioni, a cui era demandata l’erogazione.

Ma i corsi, che avrebbero dovuto rappresentare la possibilità di rimanere aggiornati nel proprio campo per potersi rimettere in gioco senza perdere i giri, si sono rivelati un’ulteriore occasione di fare soldi con i soldi, nel classico passaggio di mano ben noto delle agenzie interinali basato sul ben collaudato sistema degli appalti.

Presi i soldi dalle Regioni, le “scuole” – puro eufemismo – hanno inventato i corsi più disparati pagando poco e per il lasso di tempo necessario gli insegnanti, aumentando così la schiera dei precari da una parte e dei disoccupati dall’altra.

Dal cuoco all’estetista, dall’informatico al tatuatore, tutto potevi scegliere, indipendentemente dal tuo curriculum. Della serie come far perdere tempo per tre anni a chi avrebbe voluto rimettersi in gioco, facendo guadagnare unicamente gli istituti erogatori dei corsi. Mentre la ricerca di lavoro rimaneva ciò che sarebbe stata senza questo can can, quando si sarebbe potuto provvedere invece a versare anche i contributi.

Dal 1° settembre il circo si rimette in moto, ora si chiama SIISL, sistema  informativo per l’inclusione sociale e lavorativa. Ma solo il nome è nuovo, il resto, è uguale, anzi peggio, perché il lavoro non c’è nel senso costituzionale del termine, c’è solo il precariato, lo sfruttamento, lo schiavismo. Ed è di questo che dovremmo parlare, invece di cadere in queste trappole.

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