" Scrivere bene significa pensare bene
e di qui ci vuole poco per arrivare
ad agire bene"

thomas mann

IO SONO PALESTINESE. La stessa lotta per la libertà

Sabato manifestazione nazionale a Roma, appuntamento alle 15 a largo Ricci (piazza Venezia) e domenica dalle 15 l’iniziativa organizzata dal Comitato per la Palestina in III a Casal Boccone Occupato, via di Casal Boccone 112.

Via via che leggo le dichiarazioni degli israeliani maggiormente di spicco mi convinco sempre più di quanto la questione palestinese, o se preferite israelo-palestinese sia paradigmatica del sistema e dell’urgenza di un suo sovvertimento radicale.

Da Netanyahu, quello che dichiara che “la guerra sarà lunga” e concepisce la possibilità di deportazione delle famiglie palestinesi in paesi come Ruanda e Repubblica democratica del Congo, a Ben Gvir, quello che fornisce armi ai coloni in Cisgiordania perché nel frattempo ammazzino impunemente gli abitanti uno a uno, dal ministro del Patrimonio Amichai Eliyahue, che auspica dichiaratamente la sostituzione etnica, quello che aveva ventilato la possibilità di tirare la bomba atomica – per capirci, da Otzma Yehudit, che fa capo al ministro della sicurezza nazionale, che ancora auspica l’ulteriore insediamento dei coloni, al ministro della Difesa Yoav Gallant, che dichiara che “non ci sarà una presenza israeliana civile a Gaza” perché il governo sarebbe affidato ad alcune potenti famiglie palestinesi scelte da Israele e controllate da USA e Israele stessa. Famiglie che, va detto, hanno risolutamente negato questa possibilità.

E mentre questa pletora di dichiarazioni deliranti si sussegue accompagnata da quelle di Biden che suggellano i veti al cessate il fuoco in sede ONU, va avanti lo sterminio. Siamo a 22.600 vittime, di cui più di 9.000 bambini, e secondo il Ministero della Sanità di Gaza, sono 4.156 gli studenti palestinesi uccisi dalle forze israeliane dal 7 ottobre. Negli ultimi tre mesi nel territorio occupato sono state bombardate e danneggiate almeno 381 scuole. Per non parlare dei bambini uccisi in Cisgiordania, per non parlare dei feriti, per non dire di quanti continuano ad essere arrestatialmeno 5.000 detenuti illegalmente – mentre agli occhi del mondo sembra si limitino a liberare prigionieri in cambio degli ostaggi. Per non dire di acqua, corrente e benzina che mancano, dei prezzi alle stelle, della fame, delle malattie provocate dalla mancanza di igiene, dell’impossibilità di riparo, degli aiuti di cui arrivano briciole, sempre grazie agli israeliani.

Ecco dicevo, questa situazione ripete quanto è sempre accaduto nella storia, e in forma esponenziale la risposta a chi si ribella, a chi vuole autodeterminarsi, noi donne, e qualsiasi altro essere umano non “normato” secondo il sistema, o un popolo. Sterminio. Dal Cile alla Siria, e ne vediamo i risultati in Iran, in Afghanistan. Situazioni diverse, ma stessa sostanza: è una questione di potere.

Non si è mai visto che un governo imperialista decida di insediare un popolo riconoscendone lo Stato in una terra dove non era mai stato, senza chiedere neanche il permesso a chi la abita. Lo ha scritto Gideon Levy, giornalista israeliano, decano ed editorialista di Haaretz, fra le più accreditate testate del paese.

Una dichiarazione che chiarisce il quadro, semmai ce ne fosse bisogno: la ribellione non nasce da una vessazione a sua volta innescata dall’insopportazione, è ad una sopraffazione iniziale, proseguita con la manipolazione del racconto di una storia di 75 anni sorretta dal vittimismo, sponda alla sopraffazione perenne e capillare. Smaschera quindi l’ossatura su cui si regge il sistema in cui viviamo: potere, e perenne tentativo di riduzione all’impotenza. La ribellione è alla sopraffazione dei potenti su persone e popoli pacifici, è la ribellione di ciascuno di noi per tutelare la nostra vita, la nostra volontà, il nostro modo di essere. La nostra integrità.

Le nostre vite sono sotto scacco esattamente per i medesimi meccanismi – sopraffazione, potere, imposizione, repressione, uccisione. Le nostre morti sono “spot” certo: i femminicidi, i morti sul lavoro, i morti in carcere, i morti di freddo per strada: i numeri sono alti ma sporadici perché non se ne capiscano le cause di fondo, mentre i nostri sensi attutiti dal benessere – più che altro ben-avere – evitino l’identificazione con i meno fortunati.

La mia ribellione non è diversa, la mia lotta per la mia autodeterminazione è la stessa. La lotta del popolo palestinese è la mia lotta, perché è la lotta di tutti noi, individui e i popoli, per la libertà. E al punto di barbarie in cui siamo, non possiamo che spendere la nostra vita per la libertà. Non abbiamo niente da perdere salvo la dignità, a meno di non voler continuare ad illudersi. E’ ora, è ora di “tornare ad esser uomini”. (cito, ma aggiungo, e donne, e LGBTQIA+).

Per questo è importante esserci, partecipare, attivare iniziative grandi e piccole per tenere alta l’attenzione e far crescere il movimento internazionale che davanti alla tragedia sta riscoprendo la capacità di identificarsi dando la priorità alla vita, all’umanità, alla volontà di autodeterminarsi ed essere liberə, non certo a questa politica, che è solo lotta di potere.

. Sabato 13 gennaio h 15 manifestazione nazionale a Roma
. Domenica 14 gennaio h 15 iniziativa del Comitato di solidarietà per la Palestina in III – Casal Boccone Occupato Via di Casal  Boccone 112

 

 

 

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