Come lo immaginiamo? Nella giornata mondiale del teatro, come un anno fa, l’assemblea de_ lavorat_ dello spettacolo dal vivo si è ritrovata fuori del Teatro Argentina a Roma, a dimostrazione di quanto la situazione non sia cambiata affatto, ma anzi stia solo peggiorando.
A simbolo assurge la richiesta negata di tenere l’assemblea dentro al Teatro. Simbolo della mancanza di ascolto, volontà di coprogettazione, determinazione a portare in fondo lo scellerato progetto di privatizzazione che si cela dietro il passaggio da associazione a fondazione. Ma il tema Teatro di Roma riguarda un campo ben più largo, che coinvolge i teatri di cintura come gli spazi sociali – anche quelli assegnati, che giacciono nel limbo tra richieste economiche insostenibili e destino incerto, mentre il Comune, che per primo dovrebbe dare il segnale di un cambio di rotta per l’uno e per gli altri, è silente. La questione dunque è decisamente politica: come si vuole valorizzare la cultura e la produzione creativa in questa città? Si vuole fare politica inchiodando il Mibac alla responsabilità di sostenere chi davvero ha qualcosa da dire, o far emergere quanto la cultura sia merce in svendita al miglior offerente, pur di trarne profitto? L’assemblea di ieri, partecipata da tante e tanti cittadine e cittadini, ha rimesso in fila le questioni sul tavolo, nell’assenza di tutte le figure istituzionali invitate. Perciò questo sarà solo l’inizio di un nuovo percorso; il primo, causa il lockdown ci aveva messo in condizione di costruire la mobilitazione fino all’occupazione del Globe, andata sottotraccia nell’urgenza di ricominciare a lavorare. Ma non per essere sfruttat_ come e più di prima: da ieri si riparte, con ancora più consapevolezza, in una situazione che si è fatta ancor più grave e urgente vista l’intenzione del governo di aumentare del 2% i fondi a favore delle spese militari. Se prima i tagli avevano ridotto all’osso la spesa per la cultura dimostrando quanto questa fosse considerata fanalino di coda, ora possiamo immaginare cosa ci aspetta se non ci muoviamo. Darci in pasto ai privati, con il risultato dell’aumento esponenziale del lavoro nero e precario, l’impossibiità di sopravvivenza di spazi e teatri, per una messa a profitto che gioverà solo alla speculazione finanziaria, impoverendoci tutt_ sul piano culturale ed economico. E’ questo che vogliamo?
Di seguito la lettera aperta:
Al sindaco del Comune di Roma Capitale
All’assessore alla cultura del Comune di Roma Capitale
Al presidente della commissione cultura del Comune di Roma Capitale
Al commissario di Teatro di Roma
Al consulente artistico di Teatro di Roma
Al presidente della regione Lazio
Al presidente della commissione cultura del consiglio regionale del Lazio
Al ministro della cultura del governo Italiano
Come lavoratrici e lavoratori dello spettacolo che da due anni animano la mobilitazione del settore, ripartiamo dall’esperienza del Globe Theatre Occupato per allertare la città sull’attuale situazione del Teatro di Roma, portandola al centro del dibattito pubblico. Per questo auspichiamo un percorso cittadino partecipato e trasversale con l’obiettivo di riunire le istituzioni, la variegata comunità che lavora negli spazi teatrali e culturali e la cittadinanza per una visione condivisa delle politiche culturali di questa città.
A due anni dall’inizio dell’emergenza sanitaria i/le lavorat* dello spettacolo vivono in una condizione di precarietà, assenza di tutele e diritti, peggiore di quella pre-pandemica. Le riaperture hanno significato l’identica ripresa delle dinamiche di sfruttamento a cui eravamo abituat*, cui si è sommata l’assenza di misure strutturali a sostegno del reddito e della salute: solo pochi giorni fa la Commissione Bilancio del Senato ha bloccato l’emendamento sull’indennità di discontinuità presente nel Ddl Spettacolo per mancanza di fondi.
In questo quadro, Roma non fa eccezione: gli spazi della cultura indipendente sono costantemente sotto minaccia di sgombero, innumerevoli piccole realtà non hanno ripreso le attività, l’Estate Romana si anima di volontar* e professionist* sottopagat*, il teatro Eliseo fa notizia solo grazie alla querelle legata alla sua messa in vendita.
E il Teatro di Roma? Quello che dovrebbe essere uno dei punti di riferimento della politica culturale cittadina, da circa due anni è al centro di una vicenda oscura. L’intreccio tra interessi politici, conflitti elettorali e problemi di governance, ha portato il teatro al commissariamento, producendo gravi conseguenze per tutte le figure coinvolte e alimentando quello che già era un feroce sistema di precarietà che coinvolge tutti i settori.
In questo contesto già di per sé poco leggibile, il Teatro di Roma e gli enti che ne sono responsabili continuano a perseguire una inammissibile strategia dell’arrocco. Quell’istituzione Nazionale a cui è affidato il compito di polo culturale diffuso sul territorio, da due anni si trincera dietro silenzi, mancate risposte, comunicazioni contraddittorie. Un vuoto politico che si fa ogni giorno più eclatante di fronte alla trasformazione cui il Teatro va incontro, nell’annunciato passaggio da associazione a fondazione.
Stando a quel poco che trapela all’esterno, oggi il Teatro attraversa una grave crisi finanziaria. Per rimediare, il commissario Sole e il consulente artistico Corsetti hanno scelto di portare avanti una scellerata politica di tagli che va proprio ad amplificare le fragilità già esistenti. Questi tagli si riflettono così sulla vita culturale della città, oltre che sui corpi dei/lle lavorat* (artist*, maestra
nze, personale stagionale e scritturato), alcun* dei quali non sono ancora stat* retribuit* per il lavoro di anni, altr* si vedono dimezzare i turni di lavoro, saltare le produzioni, soprattutto nell’ambito del contemporaneo e del teatro ragazzi, cancellare le collaborazioni. Scelte poco lungimiranti, rispetto a una visione del presente e del futuro del Teatro e del suo rapporto con la città.
Perché questi problemi finanziari ricadono sulle spalle delle figure più fragili, sulle figure che già erano le meno tutelate? Come si tuteleranno i lavorat* e le produzioni di questi anni nel passaggio a Fondazione? Chi si assumerà la responsabilità di rispondere a queste domande?
Inoltre, stando alle ultime notizie, è molto probabile che il sistema dei Teatri in Comune, che comprende Villino Corsini, Teatro Tor Bella Monaca, Teatro Quarticciolo e Teatro del Lido, venga rimosso dalla gestione amministrativa di Teatro di Roma per passare sotto l’egida diretta del Dipartimento Cultura o essere affidato a una partecipata: Zètema probabilmente, che si vocifera tornerà a gestire anche gli spazi ora affidati all’Azienda Speciale Palaexpo (come ad esempio il Mattatoio), il cui CDA è già scaduto.
Crediamo che questa sia un’occasione persa di trasformare Teatro di Roma in un vero polo culturale cittadino diffuso dalla periferia al centro, un sistema virtuoso di produzione, circuitazione, formazione: un unicum in Italia che avrebbe potuto essere il fiore all’occhiello di Roma Capitale. Come mai non ha funzionato? L’efficienza gestionale di Teatro di Roma non è stata all’altezza della sfida? Cosa accadrà adesso?
Ci troviamo in un delicato momento di passaggio per la nostra città, dove, in uno scenario di precarietà diffusa, una nuova giunta si sta insediando, ci si prepara all’arrivo dei fondi pubblici del PNRR e le principali istituzioni culturali della città attraversano importanti cambi di governance. La necessità di allargare la riflessione e il dibattito su cosa accadrà alla politica culturale di Roma è ora più che mai urgente.
Dopo tutta la forza trasformatrice che abbiamo dimostrato di poter mettere in campo – dalle manifestazioni di piazza al Globe Occupato, passando per gli incontri con i Ministeri – ci sembra ormai concluso il tempo in cui la politica culturale di una capitale come la nostra possa condursi attraverso accordi e intese che si suggellano nello spazio circoscritto del potere.
La metamorfosi cui va incontro il Teatro è un passaggio delicato che richiede l’attenzione di tutt*, così come lo è il destino degli spazi pubblici destinati al contemporaneo. Ma si tratta anche di un’occasione di apertura alla città, per immaginare la traiettoria culturale da perseguire nei prossimi anni e le modalità con cui questa si ridefinisce collettivamente. Ciò che accadrà al Teatro Nazionale non ci riguarda solo in quanto lavoratori e soggetti coinvolti nella scena teatrale, ma in quanto cittadin* che hanno a cuore quello che è un bene comunee che non intendono più delegarne la cura.
Crediamo che solo nella condivisione e nel dialogo tra gli strati della comunità risieda la possibilità di incidere sui meccanismi che governano la realtà.
Invitiamo quindi il Sindaco Gualtieri, l’assessore alla cultura del Comune di Roma Gotor, il Ministro Franceschini, il Presidente della Regione Lazio Zingaretti, la Presidente della Commissione Cultura del Comune Battaglia, la Presidente della Commissione Cultura regionale Pernarella, il Commissario Gianluca Sole e il Consulente artistico Giorgio Barberio Corsetti a partecipare a questo incontro, augurandoci che rispondano positivamente all’avvio di un’interlocuzione pubblica e condivisa sulla situazione del Teatro di Roma.
Adesso non si torna più indietro: continuiamo a rifare il mondo
L’assemblea de* lavorat* dello spettacolo dal vivo
per info scrivi a:
assembleacittadina.roma@gmail.com